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Vengono Superiore (Italia, Va), Santo Natale 1974
By admin | dicembre 12, 1974
G.A.M. ’12 “Un impegno efficace al servizio della Vita!”
Vengono Superiore (Italia, Va), Santo Natale 1974
Carissimi,
esattamente sei anni fa, cominciava il periodo più bello della mia vita missionaria, giù nel cuore dell’Africa; proprio il 12 dicembre del 1968. E l’anno scorso, 1973, ancora alla stessa data, lasciavo Mabayi, con gli occhi umidi e il cuore che soffriva.
Adesso che ci penso, resto sorpreso e meravigliato del lungo cammino che in questi anni ho percorso, accompagnato da voi che, con tanta amicizia, avete sostenuto la mia stessa causa.
Questo è un momento importante per il GAM ’12.
Il lungo silenzio da Pasqua a Natale, è un vuoto durante il quale mi sono domandato spesso se lasciare andare ognuno per la sua strada, a fare il bene che crede in santa pace … Vedevo in giro troppi bollettini, e mi disturbava l’idea di farne circolare anch’io uno in più. Ma poi ho ragionato seriamente: «II nostro GAM ’12 è un patto fra amici. La nostra lettera deve tener viva questa amicizia e l’interesse che abbiamo in comune per la causa delle missioni …».
Aspettavo dal mio lavoro alcune indicazioni importanti che hanno tardato a manifestarsi. Adesso mi pare che possiamo riprendere il cammino con decisione.
* * *
Un «GAM ’12» più aperto a tutti
Sulla mia scrivania si sono ammucchiate molte lettere che arrivano dall’Africa e dall’America Latina. E talvolta le richieste di aiuto sono così gravi e urgenti che non posso lasciarle cadere inascoltate. Avrei anche potuto dire: «Beh! lasciamo andare; ci pensi qualcun altro, io ho già tanto da fare!». Ma non sono stato capace.
Il nostro GAM è nato per questo; rendere concreta questa volontà di «fare qualcosa di bello» che molte persone si sentono dentro; tenerla viva con un contatto diretto con la Missione e una testimonianza autentica; farne vedere i risultati; tutto in modo semplice e amichevole.
So bene che molti di voi sono decisi a continuare; quello che hanno fatto in questi sei anni passati non vogliono che rimanga una parentesi bella, ma chiusa. Aspettano solo il segnale, come eravamo d’accordo.
Forza dunque! Come siete stati fraternamente vicini a me quando ero a Mabayi, così, insieme, possiamo continuare ad aiutare altri nostri amici in difficoltà.
Invece di una missione sola ne aiuteremo molte altre.
Invece di un amico missionario ne avremo molti.
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L’impegno nuovo
C’è un settore nuovo e affascinante che si sta aprendo alla nostra azione. Parecchi giovani stanno pensando seriamente di partire per la Missione, insieme con i Missionari, dando alcuni anni della loro vita ai fratelli del Terzo Mondo. Sono ragazzi in gamba che vanno aiutati; attorno ai quali è necessario creare un gruppo di amici in grado di sostenerli quando saranno laggiù. E sapete bene cosa vuoi dire sostenere un uomo che parte. Non ha bisogno ne di battimani, ne di elogi inutili.
Chi parte lascia una casa e una famiglia che ama; fa’ dei grossi sacrifici; talvolta lascia una bella carriera e un benessere notevole; paga di persona per una scelta ideale, ma non si sente per questo un uomo straordinario.
Però, quando è giù in missione il suo entusiasmo può andare in frantumi, se nelle sue mani non mettiamo gli strumenti necessari per il lavoro che deve compiere; se nei momenti più difficili non lo sosteniamo moralmente e concretamente.
La presenza di un Volontario laico accanto al Missionario genera un notevole risveglio di energie e di attività; crea del lavoro, del movimento, della vita. E la gente è aiutata a «crescere» anche in tanti settori dove il sacerdote non avrebbe mai né il tempo né la competenza di arrivare.
Così è stato per noi a Mabayi: Cesare e Antonia, Angelo e Luciano hanno fatto cose che in loro assenza sarebbero state impossibili. Come pure Gianni ed Ersilia giù a Cibitoke.
Di loro e di altri amici che si stanno preparando qui a Venegono sentirete parlare sempre più spesso.
Un problema enorme
Durante il mio recente viaggio in Africa, per preparare la strada ai futuri Volontari Laici, passando per il Rwanda, ho incontrato parecchi Bahutu, scappati dal Burundi fin dal tempo dei famosi massacri del 1972.
Adesso sono ancora in giro senza terra e senza lavoro, spesso alloggiati provvisoriamente presso amici occasionali; ma sono a disagio, hanno tanta vergogna addosso perché sanno di essere solo sopportati.
È sempre così la storia di un rifugiato. Dapprima è accolto con compassione sincera. Poi la sua presenza diventa pesante e fastidiosa; deve mangiare, deve vestirsi, deve trovarsi un’abitazione e un lavoro per vivere; e tutto questo non è facile in casa d’altri, in un paese povero e già super-popolato come il Rwanda.
Il rifugiato è un uomo che non ha più il coraggio di decidersi per scelte importanti; se non trova qualche amico sincero, rischia di lasciarsi andare ad una vita amara e disperata, in un paese che non lo ama. Diventa pigro e si aggrappa a qualunque espediente per sopravvivere; dimentica la sua casa, la sua famiglia, i suoi ideali!
Anche il Missionario fatica a parlare con loro. D’altronde come si può parlare di pazienza e di perdono a chi si è visto uccidere il padre e il fratello? A chi si è visto inseguire come un cane da uomini inferociti? Come si può chiedere di lavorare con entusiasmo a chi si è visto depredare del frutto di anni e anni di fatiche? Come si può parlare di Dio e della Chiesa a chi è stato perseguitato e scacciato da gente cristiana come lui, da gente che al posto della Fede ha messo l’odio di razza e che continua a sterminare gente innocente?
Ci vorranno degli anni prima che i rifugiati Barundi prendano coscienza dei gravi problemi in cui si dibattono e prima che qualcuno di loro sia in grado di guidare gli altri in una giusta lotta di liberazione. Alla Chiesa, che pure talvolta sa alzare la voce contro le ingiustizie, i Bahutu rimproverano di non averli difesi in tempo contro le angherie dei loro persecutori; di non aver fatto abbastanza per proteggerli nel momento dei tremendi massacri.
Per loro dobbiamo fare qualcosa; ho sufficienti contatti affinché il nostro aiuto sia efficace. Ho riconosciuto fra loro anche amici di Mabayi, scappati in tempo in Rwanda, attraverso la foresta; studenti e giovani lavoratori, piccoli commercianti e famiglie intere.
Parecchi sono decisi a rifarsi una vita; ma non sanno da che parte incominciare. Ad esempio c’è un ex-catechista che, non avendo altro lavoro, si è deciso a fare al panettiere, mi ha scritto supplicandomi di procurargli il necessario per incominciare … un piccolo forno, gli attrezzi per cuocere il pane, un paio di sacchi di farina. Per di più sta per sposarsi, c’è un bambino in arrivo; quindi il bisogno di lavorare è più urgente che mai.
E come lui ce ne sono tanti altri, che con una zappa e un pezzo di terra saprebbero rifarsi una vita.
Un padre mio amico ha deciso di partire per il Rwanda e mettersi a servizio di quella gente; ma sono convinto che avrà un lavoro assai difficile. I profughi Barundi sono migliaia, e i loro problemi sono immensi. Mi ha scritto qualche giorno fa: «Senti Gianni, se tu puoi darmi una mano; sono veramente in difficoltà; dillo ai tuoi amici!».
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Novità importante
Nella lettera che riceverete, d’ora in avanti non ci sarà più la famosa busta che vi facilitava una pronta risposta.
Quello era un sistema comodo ma pericoloso. Molti amici me l’hanno sconsigliato: «È troppo rischioso, come fanno alcuni, infilare i soldi in una semplice busta di carta… e poi, con quella busta prestampata sembrava quasi di forzare la mano a degli amici!».
Il che non è bello affatto. Come invito ad impegnarsi, la lettera deve bastare; ci sono tutte le indicazioni necessarie per mandare il vostro dono mensile. Rimaniamo d’accordo sulla proposta di «mettere da parte» l’equivalente di un’ora di salario; essa è stata molto apprezzata a suo tempo e rimane valida e saggia.
È il minimo che possiamo fare.
C’è però qualcuno che sa fare anche di più; proprio perché ha già capito che, le cause grandi meritano un’attenzione e un impegno proporzionato.
Insieme a un cordialissimo saluto vi mando gli auguri più belli per Natale e l’Anno Nuovo.
Un Grazie potente. FORZA GAM! Ciao a tutti.
P. Gianni
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