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Korogocho, Santo Natale 1993
By admin | dicembre 25, 1993
SHALOM… sulle tracce di chi costruisce la pace
Korogocho (Nairobi) Natale 1993
Carissimo don Giuseppe,
Shalom! Esattamente dopo un anno eccomi di nuovo a ritessere i fili preziosi della nostra amicizia con tante persone che seguono con amore il nostro cammino a servizio dei poveri.
Lo faccio con trepidazione e con un senso di umiltà enorme, perchè mi rendo conto di come sia inadeguata la mia risposta alla sfida che ogni giorno mi viene proposta:mostrare agli uomini l’amore del Padre in modo credibile e concreto,in un contesto cosi difficile di lotta quotidiana per sopravvivere.
A volte sono amareggiato. Me la prendo perfino con il Signore perché sembra che lasci la miseria e la sofferenza accumularsi in modo terribile e disumano sulla testa dei poveri. Ma è davvero colpa sua?
So bene che non lo è; ma faccio fatica a capire i suoi disegni. So che Lui non è assente; ha giurato di difendere i deboli, di stare dalla loro parte. Ma fino a quando il grido dei poveri dovrà salire al Cielo perché succeda qualcosa?
E qui mi sorprende l’annuncio di Natale: non è forse già venuta la risposta? Non si è già fatta Parola e Carne? Non sarà quindi dalle viscere della nuova Umanità, già redenta e liberata, che a migliaia iprofeti usciranno a guidare i popoli sui sentieri nuovi?
Eppure la dimensione del male e della violenza è grande; la sofferenza degli innocenti è tale che a volte stento a vedere la Salvezza che annuncio ogni giorno.
In un contesto come quello in cui viviamo, anche per un Missionario è faticoso credere che il cuore dell’uomo possa cambiare, possa aprirsi alla Grazia.
Ma, se vuoi, riprendiamo il filo degli avvenimenti partendo dalla famosa notte dell’anno passato… quando ti dicevo con tutta onestà che noi missionari dobbiamo essere pronti a condividere fino in fondo la sorte della nostra gente. Ebbene, il Signore mi ha preso in parola.
Proprio due giorni dopo, l’antivigilia di Natale, nel cuore della notte, un gruppo di banditi hanno sfondato la porta della casa dove dormivo con Alex. Ho sentito un boato enorme, come se la casa crollasse sotto un urto violentissimo e, in una frazione di secondi, ho intuito che qualcosa di grave stava per accadere… Mi sono trovato seduto sul letto circondato da 5 o 6 manigoldi armati di coltellacci (panga), la pila puntata negli occhi e quattro parole sussurrate minacciose: “Non gridare; vogliamo i soldi!”.
Un brivido mi ha percorso tutto il corpo. I soldi che cercavano erano stati già distribuiti ai lavoratori del Mukuru, quelli della discarica dei rifiuti, per il lavoro fatto il giorno prima. Non sapevo cosa dire. Pochi attimi terribili, faccia a faccia con tipi che sapevo pronti ad uccidere per un niente… Mi sono visto perduto…Ma improvvisamente dall’oscurità è emerso Alex gridando: “Ai ladri! Ai ladri!”, e contemporaneamente scagliando la lampada a petrolio sulla testa di uno dei banditi.
Il suo intervento improvviso e grintoso li ha sorpresi e sconcertati. Forse temendo anche la reazione dei vicini di casa, si sono dati alla fuga. Scampati per miracolo da un pericolo del genere, abbiamo preso atto che ormai anche per noi erano finiti i privilegi e le sicurezze connesse con il nostro stato sociale di Missionari-Sacerdoti; eravamo scesi allo stesso livello della gente, esposti come loro agli stessi rischi quotidiani.
Oltre a quello della sofferenza, del fango e della miseria, avevamo ricevuto il battesimo della violenza. Un altro dono in più fra i tanti che si ricevono a lavorare con i poveri.
Febbraio ’93 Padre Antonio Colombo, il Parroco di Kariobangi da cui dipende Korogocho, non riesce a superare la crisi che gli paralizza le gambe. Le cure più intelligenti e alcuni mesi passati in Europa non sono serviti a niente. Bisogna pensare a rimpiazzarlo. Ma per la nostra comunità è un momento difficile. Fratel JERRY, il Canadese, ha già il biglietto per rientrare a casa; è stanco e malmesso in salute. Padre TOM, l’americano, è stato richiamato per un servizio negli Stati Uniti; in aprile se ne deve andare. A questo punto il Padre Provinciale, che non ha personale di riserva, ci scrive:”Vi offro un Padre giovane, ma dovete trovare il Parroco fra di voi!”. La proposta è un po’ una trappola, perché i candidati possibili sono soltanto due:
Gianni e Alex! Ci riflettiamo sopra per bene, da veri amici, e vediamo che tutto sommato tocca a me fare il gesto di buona volontà. Cosi, dopo due anni di immersione con i poveri di Korogocho, mi tocca risalire in superficie, passare dalla periferia al Centro della Parrocchia. Vista dall’esterno la decisione poteva sembrare quasi una ritirata, un passo indietro: non ero forse venuto dallo Zaire per servire gli emarginati della baraccopoli? Ma vissuta dall’interno, con calma ed estrema onestà, ci appariva come una sfida molto seria: si trattava di dimostrare che il nostro amore per i poveri poteva trovare spazio adeguato anche nelle strutture classiche di una grande Parrocchia. Mi consolava il fatto che il servizio sarebbe stato di breve durata: gestire per alcuni mesi l’emergenza per poi rientrare al più presto a Korogocho. Perciò ho preso le cose con serenità, come ogni missionario che si rispetta. Mi sono buttato nel lavoro in compagnia di P. Ferdinando Gusmeroli, un veterano dell’Africa oriundo valtellinese; e di P. Nando, un giovane portoghese pieno di vita e di doti preziose. Ci siamo messi in ascolto della gente, aprendo le porte della casa e del cuore, cercando di capire le attese della massa che gravita attorno alla Parrocchia: ben 250.000 persone. Qualcosa di inaudito e inconcepibile per la realtà italiana; ma tipica provocazione per noi missionari.
Dopo poche settimane, per rispondere alla pressione imponente dei poveri abbiamo dovuto assumere a pieno tempo due persone per poter ascoltare, conoscere bene e visitare i mille casi disperati che si presentavano ogni giorno alla nostra attenzione.
Quante volte mi sono rivolto al Signore gridandogli: “E’ mai possibile che i poveri debbano trovare tanta amarezza e sofferenza nella vita? E’ mai possibile che a 15 anni migliaia di ragazze debbano prostituirsi per sopravvivere? E” accettabile che per un’abitazione decente i poveri debbano pagare metà del loro salario? E’ forse giusto che le mamme siano costrette a scegliere cosa offrire ai loro bambini, se il cibo o la scuola, o il vestito; oppure costrette a discriminare tra gli stessi bambini, chi mandare a scuola e chi no?”.
La sua risposta era implicita. Se ci aveva messo in un contesto del genere toccava a noi rispondere con coraggio e fantasia alle mille provocazioni dei poveri. Nei pochi mesi che ho passato a Kariobangi, abbiamo cercato di rispondere a questa sfida: come aprire la Parrocchia alla realtà immensa degli emarginati, dei bambini di strada, delle mamme disperate, dei giovani violenti, dei rifugiati, delle famiglie buttate in strada per non aver pagato l’affitto, degli studenti espulsi dalle scuole, delle ragazze prostitute, dei malati di Aids. Come dare alle strutture della Parrocchia una sensibilità proporzionata al mare di sofferenza che ci circonda e come educare la Comunit�
a partecipare attivamente alla soluzione dei suoi problemi. E’ una sfida enorme che continua.
Agosto ’93. Altra emergenza. Stavolta va in crisi P. Adelmo, che gestisce il Centro Giovanile Nazionale, chiamato “MJI WA FURAHA = CITTA’ della GIOIA”. Andato in Italia per un periodo di vacanza, si trova bloccato per un potente attacco cardiaco. Ritorno in Kenya impossibile.
I giovani che da mesi lavorano al Centro hanno fatto miracoli, ma ora non ce la fanno più a continuare da soli; chiedono qualcuno che li sostenga e li accompagni. Siccome il Centro è nel territorio di Kariobangi, di nuovo il Provinciale si rivolge al nostro gruppo per trovare una soluzione. Nel frattempo, a dire il vero, siamo cresciuti: c’è P. Mario, un veterano
del Kenya che ha passato quattro mesi a Korogocho; c’è P. Antonio in arrivo per unirsi ad Alex.
Dobbiamo trovare una soluzione. Di nuovo la mia candidatura per l’emergenza appare la più ragionevole; Alex non può mollare Korogocho. Mario, con una enorme esperienza pastorale, può diventare un perfetto Parroco; ed io, con un po’ di grinta e di fantasia, posso prendere in mano il Centro Giovanile. Anche stavolta mi dicono:”Sara solo per qualche mese. Tu sei venuto per Korogocho, non dimenticarlo!”. Stavolta il trasferimento non mi dispiace; anzi! Mi attira la proposta di affrontare uno dei terreni più impegnativi e affascinanti della missione: la realtà giovanile. L’Africa è un Continente che esplode di giovinezza. Metà della popolazione è sotto i vent’anni. I giovani si riversano a ondate impressionanti nelle città e sono presenti su tutti i fronti della Società: la scuola, il lavoro, lo sport, la politica. Chiedono attenzione, strutture di educazione, posti di lavoro, proposte di valori per autentiche scelte di vita. Sono assetati di conoscenza; cercano modelli credibili in una società già segnata dalla corruzione. Sono aperti. Critici. Ma anche fragili; assetati di esperienze; ma facili vittime di modelli di vita assurdi, importati dall’Occidente.
Da cinque mesi ormai sono qui nella “Città della Gioia” alle prese con una realtà capace di riempire una vita, e assorbire tutte le energie che mi sono rimaste dopo l’esperienza di Korogocho e Kariobangi. Oltre al gruppo di giovani Kenyani, c’è con me Gino Filippini, un volontario Laico che ha speso tutta la vita per l’Africa, ed ora sta seguendo il progetto dei raccoglitori di rifiuti del Mukuru (Korogocho). E’ il primo componente di una futura comunità di Laici Missionari di cui stiamo mettendo le basi: un sogno nato oltre vent’anni or sono. Se il Signore ci da una mano dovrebbe crescere nel corso di quest’anno, con la partecipazione della Diocesi di Trento, Trieste e Verona.
Questo Centro Giovanile offre strutture semplicissime e accessibili anche alle persone più povere. Gruppi di ogni genere, parrocchiali o indipendenti, Maestri, Catechisti, Studenti, Universitari e Scouts si susseguono alla “Città della Gioia” per i loro incontri di formazione. L’avvenimento dell’Anno è stata la Settimana dal 13 al 18 dicembre: una valanga di circa 1.300 giovani da tutto il Kenya si sono ritrovati per approfondire insieme il grande tema della “Giustizia e Pace” in vista del prossimo Sinodo Africano. E’ stato per me un’altra specie di battesimo, di iniziazione ad un mondo straordinario, vivo, provocante. Ve ne parlerò la prossima volta!
Dalla “CITTA’ della GIOIA” il mio augurio cordiale per il NATALE e per l’Anno Nuovo!
Un grazie potente per l’amicizia e il sostegno concreto al nostro lavoro! Siate davvero tutti “Tenaci costruttori di PACE”, che sanno pagare di persona per trasformare questo mondo in una Casa dell’Uomo, dove ci sia posto per tutti, e insieme a noi, un posto speciale per LUI, L’EMMANUELE!
A nome della grande famiglia di SHALOM!
P. GIANNI
Topics: '91 - '96 Kenya, Lettere Natale | 1 Comment »