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Mabayi (Burundi), Ottobre 1972
By admin | ottobre 1, 1972
G. A. M. ’12 “UN IMPEGNO EFFICACE AL SERVIZIO DELLA VITA”
Mabayi (Burundi), ottobre 1972
Carissimi amici,
a denti stretti e con il cuore a pezzi abbiamo dovuto riprendere il cammino.
In fondo non c’era altra soluzione ragionevole.
O buttarsi tutti in una lotta violenta e persa in partenza, o scegliere la via della pazienza e della
speranza. Anche se meno appariscente la seconda strada rimane buona per la liberazione di un popolo.
A conti fatti la violenza costa troppo cara; e di sangue se n’è già sparso troppo.
Alcuni amici ci hanno consigliato di boicottare le scuole. Ma non servirebbe a nulla, anzi toglierebbe ai poveri l’unica arma che hanno in riserva: la loro intelligenza. Altri ci hanno consigliato di smettere, per protesta, ogni attività assistenziale o sociale.
Invece noi abbiamo investito tante energie proprio in quel settore. Padre Eugenio ha trasportato tonnellate di caffè della Cooperativa , i giovani di Africa 70, venuti apposta dall’Italia, hanno costruito una strada sulle montagne; qui alla missione è nata una nuova e grande falegnameria. Sono gesti di speranza che abbiamo dovuto compiere per non lasciare entrare il terrore nel cuore della gente.
Non abbiamo fasciato loro gli occhi. Per niente. Non abbiamo loro nascosto la realtà. Hanno capito molto bene, come tutti i Barundi del resto, che gli “avvenimenti del 1972” (così sono chiamati i massacri avvenuti da aprile a giugno di quell’anno) non sono stati solo quello che le
autorità hanno dichiarato.
Non c’è stata solo la repressione di una banda di rivoltosi.
Ma qualcosa di ben più terribile: un massacro sistematico della classe dirigente ed intellettuale di un popolo (gli Hutu), da parte dei Tutsi al potere.
Sappiamo bene che prima di arrivare a una certa convivenza i popoli e le razze passano attraverso prove sanguinose. Per questo noi abbiamo preferito stare calmi e vicini alla nostra gente aiutandoli a capire gli avvenimenti e a non farsi travolgere.
Tutto si è svolto lontano da noi, ma anche parecchi nostri amici hanno perso la vita. Qui è proibito affermare che sono morti. Sono « andati »; niente altro. Nessuna autorità ha mai dichiarato i nomi dei processati e dei giustiziati. Anche solo indagare sarebbe pericoloso. Ce l’hanno fatto capire a più riprese.
Sono andato a controllare le liste degli studenti delle scuole superiori e mi è venuta una stretta al
cuore. L’anno scorso erano trentatré: sono rimasti in nove. Insieme con i maestri se n’è andato il gruppo dei giovani più promettenti; la prima generazione che stava superando il «semplice livello» della massa.
Sarebbero diventati operai, impiegati, insegnanti, funzionari di Stato.
C’erano anche due Universitari brillanti e un Professore di Liceo.
Di loro ci resta solo un ricordo intriso di lacrime; un dolore soffocato che si rinnova ad ogni in-
contro con i parenti delle vittime; anche se il perdono cristiano sembra sincero.
La nostra gente non sa odiare con furore. Non si è rivoltata a sentire le terribili notizie che veni-
vano dalla città e dalla pianura. E’ rimasta sconcertata e incredula, stravolta, quando i soldati hanno portato via le prime vittime inconsapevoli. Per lunghi giorni non ha capito; è rimasta muta e diffidente… ma se gli arresti fossero continuati ancora, un numero impressionante di uomini avrebbe varcato la frontiera verso il Rwanda.
Fin’ora il Signore ha tenuto lontano i soldati.
Speriamo che non siano così incoscienti da ritornare adesso.
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Intanto le scuole sono cominciate nel caos.
A distanza di pochi mesi il Burundi paga caramente il prezzo dei massacri etnici.
Le autorità stanno mettendo in azione un piano terribile. Vogliono sopprimere tutte le scuole di succursale, disperse su centinaia di colline. Quelle piccole scuole elementari che in pratica avevano lentamente alfabetizzato la popolazione del paese.
Dove non esistono quattro anni completi, dalla prima alla quarta, le piccole unità educative sono automaticamente eliminate. Per decreto.
All’inizio di settembre le Autorità hanno fatto una prima mossa a sorpresa, chiudendo tutte le scuole comunali.
A Mabayi ne abbiamo perse tre. Poi a iscrizioni ormai avvenute, ecco che arriva il decreto del Ministero, che con la massima freddezza annuncia l’eliminazione di dodici classi elementari.
Un colpo troppo grosso.
Abbiamo radunato la gente. Abbiamo loro spiegato il decreto del governo; ma insieme abbiamo anche cercato una strada per salvare la situazione. Ancora una volta la gente ha capito e incassato. Ormai ha imparato a soffrire; e sa bene che riuscirà a cavarsela solo stando fortemente unita.
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Di fronte ad avvenimenti così gravi; che mettono in crisi l’avvenire del paese, vi assicuro che anche noi missionari ci poniamo tanti interrogativi.
Ormai è chiara anche la distanza che le autorità stanno prendendo nei riguardi della Chiesa. In tutto il grosso affare delle scuole il Governo ha scavalcato di colpo Vescovi e Missionari, che pure hanno in mano tutta l’insegnamento. Molti padri sono partiti; parecchi sono stati espulsi. Un nostro amico è nelle mani della Polizia; potrebbero cacciarlo via da un giorno all’altro… Le autorità che per caso arrivano fino da noi, non si fanno neppure vedere alla Missione.
Ormai il taglio è netto! E la gente sa bene il perché.
Il mito del Burundi pacifico e cristiano è crollato. Adesso con pazienza enorme bisogna ricostruire.
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Se vi parlo di queste cose gravi non è perché abbiamo perso la voglia di lavorare. Anzi il ritmo è
sempre quello. I cristiani aumentano e i progetti sono lì bene in fila: un’altra scuola per gli Yaga Mukama qui alla Missione e un pezzo di Chiesa (quando papà Aldo deciderà di tornare in Africa). Due aule da sistemare a Kirehe; ancora il pavimento della Chiesa a Kirehe e tante altre cose importanti che aspettano da anni!
Ma andiamo più cauti, perché non vorremmo costruire invano. I muri contano assai poco se la gente che vi abita non ha i diritti più sacrosanti per crescere come individui e come popolo.
Per aiutare i nostri amici a maturare in questo senso ci vorrà chissà quanto tempo e soprattutto tante energie umane.
Stateci vicini come sempre.
E poi, chi ha del fegato, non stia a perdere tempo. Il numero dei laici che si uniscono a noi sta
aumentando.
Adesso c’è Angelo: un bravo chimico di Africa 70 che, invece di rientrare con gli altri, ha mandato m Italia la lettera di licenziamento.
A novembre, se tutto va bene, anche mio padre dovrebbe arrivare. Intanto una coppia di sposi. in gamba, Cesare e Atonia, sta preparandosi lassù in Italia. Li aspettiamo per gennaio.
Noi siamo convinti che le energie della vecchia Europa siano ancora tante. Ma non servono a nulla se stanno congelate in quel modo.
Buttarsi dentro a servizio degli altri, è forse un nuovo modo di riprendere fiducia nella vita.
Chi può ci provi; gli anni non contano!!!
Ciao a tutti! Forza! E, naturalmente, grazie di cuore!
P. Gianni
Topics: '68 - '73 Burundi | No Comments »
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