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Santo Natale 2009
By admin | dicembre 10, 2009
Bondo, Natale 2009
Carissimi,
dopo oltre un anno dal mio arrivo a Bondo sono venuto a Kisangani, la terza città più importante del Congo, per riposare un pò, fare alcuni acquisti importanti, controllare la salute e passare alcuni giorni in preghiera speciale: quella che noi chiamiamo Esercizi Spirituali. Se tutti avessimo il coraggio di fermarci alcuni giorni e fare i conti con noi stessi e con il Signore della nostra vita, penso davvero che tanti falsi problemi si chiarirebbero, tanti
sentieri contorti – come dice il Profeta Isaia – si raddrizzerebbero, tanti rapporti umani feriti da esperienze negative si risolverebbero, illuminati da una Parola che risuona forte in questi giorni: “Preparate la strada al Signore che viene…”.
A volte basta il coraggio del primo passo; poi il Signore stesso si apre una stada nel cuore delle persone. “Lasciatevi riconciliare, lasciatevi amare” – direbbe S.Paolo.
Mentre scrivo questa tradizionale lettera di Natale, mi fermo a ringraziare il Signore per il dono della vita e per un cammino che si è fatto ormai assai lungo e che mi ha fatto incontrare tanta gente in vari Paesi del Mondo: dal Canada al Burundi, dall’Europa agli Stati Uniti e poi allo “Zaire” (anni ’80).
Dal Kenya, con la splendida esperienza di Korogocho; poi ancora in Italia e oggi in R.d. Congo. Il mio servizio nel Laicato missionario soprattutto dal 1996 al 2003, mi ha portato a fare qualche puntata veloce in altri paesi del Mondo, dall’Etiopia al Brasile, dall’Angola al Mozambico, dal Malawi allo Zambia, all’Egitto, al Sud Africa e alla Tanzania, facendomi incontrare realtà splendide e complesse del mondo della Missione.
Tutto questo vagabondare per il Mondo per quale motivo? “Per Amore, solo per Amore”!
Per amore di quel Gesù di Nazareth che per me ha dato la sua vita e mi ha chiesto di fare altrettanto per Lui e per la gente anch’essa alla ricerca di un senso alla propria esistenza.
Bella sfida vivere per amore! Chi ci ha provato lo può testimoniare.
A sentire quanto la gente dice, quello che la musica canta, quello che riempie
biblioteche immense di libri e racconti, la forza dell’amore è alla radice di tutto… ma che razza di amore? Amore che conquista, che compera, che incanta per possedere. Ma è un amore che non convince.
Il Natale che stiamo per celebrare ci rivela il mistero di un amore ben diverso.
“Da ricco che era… si è fatto povero con noi; carne come noi. Pane per essere spezzato e mangiato da tutti coloro che hanno fame di vita.” ***** ***** *****
Credevo che la realtà di Korogocho fosse una forma estrema di povertà: la degradazione umana causata dalla negazione di alcuni diritti fondamentali.
Dall’abitazione (spesso baracche oscene, indadatte perfino agli animali); al cibo (a volte recuperato e riciclato dai rifiuti degli Hotels di Nairobi); alla droga e all’alcol, cercati per assopire la fame e l’amarezza del rifiuto sociale più duro: niente terra; niente spazio; niente lavoro; niente futuro. Ma se a Korogocho ho visto l’uomo ridotto a “rifiuto”, ho visto anche la sua fierezza interiore, la sua voglia di lottare e di ricercare sia nel Vangelo sia nella Comunità una via d’uscita. Adesso sono un pò perplesso e preoccupato. Qui a Bondo sto vivendo la scoperta di una povertà più assurda; la povertà di chi, pur vivendo in un contesto naturale privilegiato di foreste, fiumi, terra fertile, con acqua e sole in abbondanza, si adagia in una forma di pura sopravvivenza; si limita a calmare la fame di un giorno; ma non affronta le sfide della vita con la determinazione necessaria.
A Bondo non si muore di fame. Ma di malaria e di infezioni varie sì! E di malattie che basterebbe poco a sconfiggere: un pò più di igiene e di prevenzione; un pò più di attenzione alla casa e al cibo.
Quanti splendidi bambini di soli tre o quattro anni vengono bruciati in pochi giorni da anemie altrove perfettamente curabili. Qui troppo spesso si sente un ritornello pericoloso: “Mbongo ezì tè”: (Non ci sono i soldi).
La salute, l’educazione, la vita stessa di troppe persone dipende da quattro maledetti soldi difficili da trovare al momento giusto. Un tempo il cotone, il caffè, le banane e l’olio di palma portavano in casa qualche beneficio sicuro.
Con la dittatura di Mobutu – durata oltre trent’anni, dal 1964 al 1997 – e successivamente durante dieci anni di guerre civili, lo Stato ha abbandonato il Paese ad una deriva disastrosa. Viviamo l’assurdo di un Paese ricchissimo e di un popolo miserabile. Assurdo denunciato a chiare lettere dai Vescovi della Chiesa cattolica in parecchi documenti assai severi nei confronti del sistema politico corrotto e incapace. Dicono che a Bondo circolino parecchi soldi: in effetti sono numerose le miniere d’oro artigianali, qui le chiamano “carrières”; ma i soldi finiscono solo nelle tasche dei padroni delle miniere. Alla nostra gente solo briciole; investimenti nella zona zero; nessuna attività economica seria prende piede in questo angolo sperduto del Congo. Durante i suoi giri di animazione in Italia padre Alex ripeteva spesso una frase che valeva non solo per noi a Korogocho, ma per chiunque, in qualunque contesto, apre gli occhi e il cuore alla sofferenza della gente: “I poveri non ci lasceranno dormire”!
Come fai a dormire quando un giovane disperato viene a riferirti che all’Ospedale si rifiutano di operare sua moglie se non trova subito, in contanti, il valore di cinque grammi d’oro?
Come fai a dormire sereno se ogni giorno vedi un numero esagerato di bambini rifiutati dalla scuola perché non hanno la divisa ufficiale, o non hanno pagato le doppie o triple tasse che permettono di pagare i maestri? Come fai a dormire… se non fai qualcosa di concreto per cancellare o almeno alleviare quel mare di sofferenza che coinvolge tanta gente?
LA SFIDA DEI POVERI.
Giovane papà, albino, con un cancro che gli divora la guancia destra e l’orecchio. La moglie l’ha abbandonato al suo destino con quattro splendidi bambini. Da cinque anni sta lottando per trovare un rimedio, inutilmente! Ha venduto tutto quello che aveva, perfino il terreno sul quale aveva costruito la sua casetta, piantato le sue banane…
“Non ce la faccio più padre… adesso venderò anche la bicicletta! I bambini non possono entrare a scuola… il farmacista non mi fa più credito. Ho trovato delle medicine omeopatiche che mi hanno fatto almeno dormire un paio di notti; ma hanno costi proibitivi…adesso i soldi sono finiti. Mi resta solo il Signore”!
Altro caso.
Sono arrivati da lontano. Oltre quaranta chilometri a piedi per cercare aiuto. Lui cieco, lei con un occhio solo. L’altro è bloccato da un grosso tumore maligno che si è formato sulla fronte. Da un anno sono alla ricerca di una medicina che non esiste. L’infermiere della loro zona li ha inviati a Bondo, dove abbiamo un Ospedale Generale di riferimento. Ma il medico si rifiuta di operarla. Sa bene che non c’è nulla da fare; le ha solo proposto dei medicinali per calmare il dolore quando si farà più forte. Ma qui sta il problema. Anche qui, nella foresta più distante dalla città, i medicinali hanno un costo. Troppo pesante per questa coppia.
Allora ci siamo accordati così. Dopo un primo rifornimento se ne torneranno a casa, nel loro villaggio. Quando le medicine saranno finite invieranno qualcuno a cercarne altre.
PASQUA DI VITA O DI MORTE?
Questo è capitato a P. Désiré, il giorno dell’ultima Pasqua, in una lontana cappella della Parrocchia di Lobi, dove lui è andato per celebrare una festa che ha rischiato di trasformarsi in una tragedia comunitaria. Una mamma aveva trovato nella foresta una enorme radice somigliante all’igname, tubero commestibile molto apprezzato. Purtroppo la qualità trovata dalla donna era velenosa; ma difficile da distinguere da quella buona. La donna avrebbe voluto offrirla come dono alle famiglie come pasto della comunità: fortunatamente è arrivata in ritardo e la sua radice non è stata preparata per tutti. Lei se l’è portata a casa; ne ha cotto una parte per sé e la sua bambina. Ne ha offerto alcuni pezzetti ai vicini di casa.
La mattina seguente, proprio all’inizio della celebrazione pasquale, la mamma, la bambina e tutti quelli che avevano gustato la radice, hanno avuto forti crisi di vomito e di diarrea. Il tempo di domandarsi:”Cosa potrà essere mai?” e la piccina è morta fra le braccia di P. Désirè. Dopo la prima crisi di convulsioni e di vomito, non riuscendo a capire, gliel’avevano messa fra le mani dicendo: “Fa’ qualcosa, Padre…”! Poche ore dopo anche la mamma è morta. Ecco cosa può capitare il giorno di Pasqua, nel cuore della foresta, in una piccola comunità di gente povera e isolata: mischiare, tra le lacrime, il canto dell’Alleluia e il lamento per la morte di un membro della Comunità.
Davvero troppo anche per chi sa cosa significhi la Pasqua di Resurrezione.
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I poveri sanno resistere in modo impressionante alle mille facce della sofferenza… ma quando non ce la fanno più battono alla porta della Missione. Ricorderò sempre la terribile frase di Raoul Follereau. “E se Cristo domani bussasse alla tua porta…lo riconosceresti?”!
Questo vale anche per noi preti e Missionari. Non basta aver impegnato la vita al loro servizio. Ai poveri bisogna poter dare una risposta onesta. Sempre. Spesso è difficile; ma sempre doveroso. Contando proprio sulla serietà di tutti gli amici di “Pane spezzato” abbiamo deciso di fare un pò come facevano i Santi, tipo Don Guanella, Don Orione, Madre Teresa di Calcutta e lo stesso nostro fondatore Daniele Comboni. Alla sofferenza si risponde subito. Il Signore, a suo tempo manderà i mezzi necessari. Per questo, già da oltre 6 mesi, sul conto della Diocesi, abbiamo aperto una voce “Emergenze”. Dietro questa parola semplice mettete pure tutti quei casi che la vita ti costringe ad affrontare e ai quali, onestamente non puoi rifiutare una risposta concreta, o semplicemente nasconderti dietro la classica battuta: “Vieni domani…che ci penseremo!”.
C’è una scena del Film della Cavani che mostra l’assalto dei poveri e dei lebbrosi nei confronti di Francesco! Quasi lo sbranano letteralmente; lo stringono da ogni lato come se lo volessero divorare. Una sensazione simile, di essere preso d’assalto e divorato dai poveri, mi prende molto spesso e mi mette in crisi. Vivendo in un contesto sociale dove la vita è praticamente una sfida quotidiana per la sopravvivenza, è normale che tu, uomo bianco, uomo di Dio venuto proprio per sostenere questa lotta per la sopravvivenza, sia preso di mira dai poveri.
La convinzione che il missionario possa fare tanto per la gente è troppo radicata nell’opinione pubblica, soprattutto nella generazione anziana che ha vissuto l’esperienza coloniale, durante la quale hanno visto sorgere in tempi record scuole, chiese e ospedali gestiti dai Missionari. Spesso hanno ricevuto in modo gratuito tante cose belle e preziose. Difficile oggi creare una mentalità nuova di partecipazione e di corresponsabilità…. ma ci stiamo provando.
Un proverbio del Burundi dice: “Ivya gusa bitere ubwenge buke”! Cioè: “Le cose date per niente rendono gli uomini stupidi”! Allora abbiamo scelto una strada semplice e chiara, che rispetti la cultura della gente, ma che l’aiuti a uscire dai guai con dignità: creare lavoro! Così è nata l’idea delle “Borse di Lavoro”! Una proposta adatta per ogni tipo di emergenza, e proponibile, caso per caso, ad ogni persona che non ha soluzioni di fronte a grosse e impreviste difficoltà: fatture pesanti dell’Ospedale, una casa crollata per le piogge, un figlio a un passo dal Diploma, un cumulo di spese per mandare a Scuola 4 o 6 bambini insieme, e mille altre emergenze, appunto. Anche per chi vuole continuare gli studi e cerca di mettere da parte i soldi necessari.
Due sono le realtà che ci hanno permesso di concretizzare la proposta. La prima: abbiamo disboscato la foresta che assediava il Centro Pastorale Diocesano, quasi un ettaro e mezzo di boscaglia ha ceduto il posto ad una bella piantagione di mais, fagioli, banane e manioca. Metà del terreno è già stato piantato a caffè; l’altra metà, con le prossime grandi piogge di Pasqua, sarà piantata a palme da olio.
Gli amici che per primi hanno sostenuto il progetto “Borse di Lavoro” sono stati quelli dell’Associazione “La Goccia” i simpatici promotori dei Panettoni e delle Colombe della Solidarietà, con i quali abbiamo collaborato da anni.
La seconda realtà è qualcosa di proiettato nel futuro. Forse avete sentito parlare della ricerca, in atto in tutto il mondo, per trovare sorgenti di energia alternativa al petrolio, usando prodotti biologici. È una sfida complessa dove si giocano interessi astronomici delle grandi compagnie agro-industriali: per fornire energia alle industrie dei paesi ricchi non si ha paura a trasformare riso e mais e soia in “bio-carburante” facendo schizzare alle stelle il prezzo di questo cibo fondamentale per i poveri del sud del Mondo. Pur senza farci illusioni, abbiamo raccolto una ipotesi simpatica che si sta sperimentando in India e in altri Paesi dell’Africa. Esiste anche da noi un arbusto, che la gente pianta come siepe per delimitare le proprietà attorno alla case. Il suo nome scientifico è “Jatropha”. Le sue foglie non vengono divorate dalle capre; le sue bacche non sono commestibili, sembrano perfettamente inutili. Invece contengono un olio prezioso che ha le stesse proprietà del “gasolio” usato per i motori diesel. I ragazzi le bruciano per gioco… ma la gente non sa ancora quale prezioso prodotto hanno fra le mani.
In collaborazione con la Scuola Agraria locale, e utilizzando la tecnica delle “Borse Lavoro” abbiamo già avviato una piccola piantagione di un ettaro di foresta. I Professori e gli studenti sono impegnati e appassionati, Un tecnico italiano sta verificando il tipo di pressa appropriata per l’estrazione dell’olio dai semi. Ripeto che non ci facciamo illusioni; ma vogliamo verificare quanto di dice in giro per il mondo anche in ambienti scientifici di tutto rispetto. Davvero una sfida da sogno.
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Non mi resta che augurarvi un Natale bello e sereno. E anche un pò serio in questo mondo fuori di testa. Un Natale carico della gioia che viene per aver accolto la bella notizia che noi Missionari portiamo per il Mondo: “Quello che era fin dal principio del Mondo, quello che noi abbiamo ascoltato, quello che noi abbiamo visto con i nostri occhi, quello che noi abbiamo contemplato, quello che le nostre mani hanno toccato, il Verbo della Vita che si è manifestato a noi… noi lo annunciamo a voi affinché anche voi siate in comunione
con noi…e affinché la vostra gioia sia piena e profonda”!
Buon Natale a tutti. E un grazie potente per quanto fate con noi a servizio della Missione.
Vostro P. Gianni
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Per comunicare con P. Gianni la posta tradizionale non funziona. Esistono solo le strade dell’elettronica.
Il suo telefono in Congo (Vodacom) 00243.81.20.67.113 può ricevere telefonate e SMS (con le schede del mercato internazionale molto usate dagli africani in Italia). Ma i suoi SMS non sono ricevuti da gran parte dei telefoni italiani. Abbiate pazienza.
Da Bondo, con il sistema Internet Satellitare a scheda GPRS, affidabile ma un pò costoso, padre Gianni può ricevere e inviare messaggi e-mail all’indirizzo gianni@panespezzato.it.
Oltre alla lettera agli Amici, che arriva per posta a Pasqua e a Natale a chi la richiede e via Internet a chi ci comunica il suo indirizzo, potete avere maggiori notizie della Missione di P. Gianni sul sito www.panespezzato.it.
Si tratta di una Storia iniziata nel lontano 1968 in Burundi.
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Per sostenere l’attività missionaria di P. Gianni e della sua Comunità, la via più semplice è:
– Per gli amici della Provincia di Sondrio “Pane Spezzato” dispone dei seguenti conti correnti:
Credito Valtellinese: conto n. 2828 – Banca Popolare di Sondrio: conto n. 4800
– Per il resto d’Italia e per coloro che volessero usufruire dello Sconto Fiscale:
C.C.P. 28.39.43.77 intestato a: Missionari Comboniani – Mondo Aperto – Onlus
Vicolo Pozzo, 1 – 37129 – Verona. Motivo: progetti solidarietà di P. Gianni Nobili
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