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Bujumbura (Burundi), Dicembre 1971
By admin | dicembre 25, 1971
G.A.M. ’12 “UN IMPEGNO EFFICACE AL SERVIZIO DELLA VITA”
Bujumbura (Burundi), dicembre 1971
Carissimi amici,
qualche volta l’Africa “pagana” con i suoi misteri umani ci si rivela improvvisamente tanto vicina, e ci fa impressione. Il Cristianesimo sembra sia stato accolto bene dalla popolazione; ma sotto una coltre di naturale bontà persistono convinzioni pagane talmente radicate, che al primo sussulto si risvegliano e mandano in crisi le coscienze dei singoli e la vita delle Comunità. Abbiamo paura che il lavoro fatto per decenni da tanti Missionari, possa sbriciolarsi sotto la pressione delle antiche abitudini mal represse.
In questi giorni me ne sono capitate due di grosse: e non le ho ancora risolte; sentite!
STREGONI FURBI
Due anni fa quando ancora il mio kirundi non andava molto più in là di uno stentato «buon giorno», mi ero trovato in una succursale sperduta nelle valli prossime al confine con il Rwanda.
Gente semplice. Beata nella sua ignoranza; credula ad ogni grossa novità presentata con arte o
astuzia.
Proprio mentre io facevo le mie manovre clericali con tanta buona volontà, contemporaneamente e con molto maggiore successo, operava uno stregone di grosso calibro, venuto da lontano a sfruttare appunto la semplicità della popolazione.
Al mattino i cristiani venivano da me a ricevere i sacramenti, poi se ne andavano, di notte, a fare
visita al mio concorrente. E oltre a raccontargli tutto quello che avevano detto e fatto con me, facevano con lui strane cerimonie e gli versavano somme assai sostanziose: centinaia e migliaia di franchi; roba da non credere.
Quando ce ne accorgemmo era tardi. Perfino i Catechisti e i Bajenama (i saggi della Comunità) erano stati coinvolti nell’affare; perciò, come punizione pedagogica fortissima, mettemmo in quarantena tutti i cristiani: chiudemmo la chiesa per due mesi e tutti, adulti e ragazzi, furono richiamati al catecumenato (la Scuola di formazione cristiana).
Quest’anno, ancora sulle medesime colline, un po’ più verso Miremera, è apparso un nuovo esperto di arti magiche e di medicine miracolose. E’ venuto da lontano, dal Mosso, dicono; una regione che dista almeno trecento chilometri.
Nessuno lo conosce e per lui è un buon vantaggio.
Si è installato sulle montagne ed ha sparso la voce che egli sa guarire tante malattie terribili: soprattutto pazzia e sterilità delle donne.
Come in ogni parte del mondo, basta una mezza voce strana per richiamare tanti poveri illusi.
Sua specialità è che opera di notte. E guai a portare una torcia o anche solo dei fiammiferi. Proibito assolutamente. Chi tenta di ingannare è minacciato di castighi oscuri. Solo per « assistere » ad una sua seduta « medica », è necessario sborsare almeno cento franchi a testa.
Ad una vecchia che l’aveva convocato a domicilio, solo per poter aprire bocca, ha chiesto mille franchi: appena avuta la somma in mano, è partito, chiuso in un mutismo impressionante.
Naturalmente nessuno parla e nessuno protesta. Poi presso chi andrebbero a lamentarsi? Le autorità, ufficialmente non ammettono gli stregoni, e non garantiscono la difesa dei grulli che cascano nelle loro mani.
Chi si fa prendere, affare suo!
Sembra che i desiderosi di consultazioni entrino in una capanna, siedano in silenzio su delle stuoie preparate apposta, nella oscurità più assoluta. Ad un ordine del capo cominciano a cantare canti mezzo religiosi e mezzo pagani… e mentre gli altri cantano lui fa le sue operazioni: quali esse siano non siamo ancora riusciti a saperlo. Dicono che il mago attribuisca tutta la sua forza misteriosa ad un talismano potente; una specie di lungo ferro che nessuno però ha mai visto: lo chiama « igifaro ». Dicono anche che due giovanottelli si siano messi subito alla sua scuola per imparare i trucchi del mestiere; egli li ha accolti. Ad una condizione però: molti soldi, a rate successive, secondo i segreti svelati.
La notizia ci è arrivata, come il solito, dopo un po’ di tempo che il tipo operava nella zona. Abbiamo subito fatto una specie di inchiesta e ci hanno colpito le « tariffe »: per la pazzia e la sterilità femminile non ha paura di chiedere 10.000 franchi; per le altre malattie si accontenta di 5.000 e anche meno. Per avere questi soldi un uomo deve faticare anni interi: chissà in quali pasticci si stanno cacciando.
Ma è incredibile la presa che tali individui hanno sulla gente: basta un geniaccio del genere, magari dotato di qualche reale tecnica medica, per attirare tanti clienti e manovrarli come vuole. I bisogni della gente sono tanti; appena vedono uno spiraglio che permette loro di sperare, vi si buttano a capofitto. E magari si rovinano l’esistenza dei debiti e nelle questioni che ne derivano. Abbiamo perciò avvertito il Commissario.
In seguito alla nostra segnalazione le autorità locali hanno reagito un po’ duramente: gli hanno confiscato molti soldi che già si era fatto in queste due settimane, e l’hanno accompagnato fuori del territorio, quaranta kilometri lontano.
Pochi giorni fa è ritornato; ancora più deciso. Diceva di avere in mano una carta dei bakuru (le Autorità) per poter operare liberamente: non ha accettato però di venire a trattare con noi e mostrarci questa carta. Per cui ho pensato di andare dal Governatore della Provincia e presentargli il caso: mi ha ascoltato, ha capito che si trattava di una cosa grave e mi ha promesso di intervenire seriamente.
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Un pomeriggio mi si presenta in casa un tipo dal viso oscuro:
« Padre, devo parlarti, vengo da lontano »!
Lo vedo bene: è sudato e sporco, ha un’aria stanca. Gli occhi lucidi sembrano avere riflessi strani, come se avesse addosso tanta paura.
« Vieni, sediamoci; ci possiamo intender meglio ».
Messo a suo agio, appoggiato con un gomito al tavolo, incomincia la sua lunga storia; prima incespicando sulle parole, e poi sempre più deciso.
“Padre, mi vogliono cacciare dalla mia collina; mi vogliono far morire con i miei bambini…!”
Si arresta di colpo e dà un’occhiata fuori della finestra, con fare sospettoso.
«Dicono che sono un’umurozi (uno stregone cattivo); aiutami Padre; io non ho fatto nulla… è tutto odio, credimi! ».
Lo ascolto attento, e cerco di cogliere bene quelle parole sempre più gravi che quasi non ha il coraggio di pronunciare.
« Ma come è incominciato questo affare? ».
«Eh Padre, è ormai un anno che sulla mia collina non andiamo d’accordo, ho avuto dei processi;ho pagato dei soldi; ho avuto storie con la moglie del capo, non mi possono più vedere. Ora mi hanno trascinato davanti al consiglio dei notabili; mi hanno minacciato… devo partire entro due mesi,… ma dove vado? E mia moglie? E i bambini?!!! ».
Per non farmi prendere in invisibili tranelli e anche per valutare meglio ogni cosa, faccio venire due uomini saggi e stimati (che qui si chiamano bashingantahe); insieme aiutiamo il nostro amico a vuotare il sacco.
Viene fuori una storia grossa e pericolosa. Su una collina distante circa quindici chilometri dalla
missione, la gente era da tempo preoccupata da strane malattie che arrivavano improvvise e prendevano in genere una famiglia al completo, genitori e bambini, uno dopo l’altro passavano momenti assai critici. Poi si rimettevano. ;
A lungo andare la cosa ha impensierito e insospettito la gente. Purtroppo, invece di venire dal medico a cercare la medicina, hanno incominciato a pasticciare con i loro stregoni. I quali, da pari loro, hanno imbrogliato le cose ancora di più.
« C’è qualcuno fra voi – dissero – che getta il malocchio agli altri, che va in giro di notte a fare del male, che getta il veleno nei cibi degli altri. Cercate bene … e troverete il responsabile. Le vostre malattie sono di origine maligna.
Bastava ancora di meno per scatenare le antiche credenze pagane. I Barundi, come del resto molti popoli africani, di fronte ad una disgrazia, alla morte e alla malattia, cominciano per prima cosa a domandarsi la causa; che ben difficilmente è naturale. O sono gli spiriti degli antenati, scontenti per qualche misterioso motivo, oppure, fra la gente si annidano tipi pericolosi che si
divertono a gettare la cattiva torte contro gli altri. Costoro vanno scoperti ed eliminati.
E’ sufficiente un sospetto, un indizio da nulla; se un tale è sospettato di essere un avvelenatore, è finito. A tradirlo sono sufficienti poche cose: un’abitudine sospetta nell’agire, delle polverine scoperte addosso, gesti inconsueti, minacce o allusioni oscure.
Antichi rancori e invidie nascoste non fanno che aggravare la sua situazione. Basta che il nome « umurozi » sia pronunciato fra i denti, e per il malcapitato è come una condanna a morte, dalla quale è assai difficile scampare…
Ci siamo consultati seriamente sul da farsi: « Non aver paura – gli abbiamo detto – non muoverti dalla tua collina e dalla tua casa. Avvertiremo le autorità; nessuno può farti del male in questo modo…sta calmo! ».
Ma mentre davamo questi incoraggiamenti al nostro amico, sapevamo bene che le nostre parole non potevano togliergli dall’anima la grande paura che si annidava dentro.
Per i suoi vicini era ormai lui il colpevole… era lui l’umurozi, l’avvelenatore che doveva sparire al più presto! Nessuna autorità al mondo, ora, sarà capace di cancellare questo marchio tremendo che si porterà addosso per tutta la vita.
Noi non lo abbiamo abbandonato. Dal giorno che è venuto a trovarci, abbiamo messo in guardia i cristiani a non fare storie. Inoltre abbiamo avvertito le autorità più importanti della regione affinché lo proteggano; ma il pericolo rimane. I suoi vicini, pur essendo quasi tutti cristiani, non lo possono più vedere e gli faranno certamente del male per obbligarlo ad andarsene lontano… hanno paura di lui.
Questo ci dispiace e ci preoccupa. I nostri cristiani dovranno percorrere ancora una lunga strada prima di potersi dire veramente tali.
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So che questa lettera vi arriverà prima di Natale.
Ci aggiungo quindi i miei auguri, per ciascuno di voi, che seguite e sostenete con amore il mio lavoro.
E posso con gioia dirvi anche un grazie straordinario. L’operazione «MILLE ETERNIT» si chiude al 12 dicembre, come vi avevo annunciato; ma dato che c’è sempre qualche ritardatario che vuole recuperare in bellezza, vi avverto che i vostri doni fino a tutto dicembre saranno adoperati per. le scuole dei “Yaga Mukama” i piccoli ragazzi cristiani.
L’aula è finita proprio in questi giorni. E’ un altro bel passo avanti; un altro gradino che si aggiunge alla scala del progresso, che piano piano arriva alla portata di tutti i ragazzi di Mabayi.
Sono contento. E a nome anche dei miei carissimi compagni di lavoro, P. Eugenio e P. Stefano vi saluto e nuovamente vi ringrazio.
Passate uno splendido Natale. Vicino al Signore.
Ciao a tutti. P. Gianni
Topics: '68 - '73 Burundi, Lettere Natale | No Comments »
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